Quando nel 2014 James Dyson comunicò di essere al lavoro su un’auto elettrica il pubblico rimase a bocca aperte. Le elettriche non erano diffuse come ora, e un magnate degli elettrodomestici come Dyson veniva visto con scetticismo nell’ambiente automobilistico. Il progetto seppur in sordina è andato avanti, e cosa ancor più sensazionale è stato finanziato in tutto e per tutto dallo stesso James Dyson che ha tenuto fuori la società da rischiosi investimenti. In tempi moderni molte sono le elettriche in commercio (ve ne parliamo qui) ma allora la situazione era decisamente diversa.
Il sogno di Dyson inizia nel 2014..
Dal 2014 quindi è stato messo su un team di ben 500 persone, ognuna con competenze specifiche e dirette alla realizzazione della N526 (questo il codice dell’auto). Di passi avanti in 6 anni ne sono stati fatti parecchi, ma proprio sul più bello tutto si è interrotto. Dyson ha dichiarato di aver investito circa 50 milioni di sterline in questo progetto. Fortunatamente non sono andati sprecati perché una buona parte delle tecnologie possono essere riutilizzate in ambiti diversi ma comunque interni all’azienda. I motivi di questo “insuccesso” sono legati a due fattori cardine.
Cosa c’è dietro l’insuccesso della N526?
- Il primo fattore fa di Dyson un arma a doppio taglio. Il saggio James non voleva lesinare su alcun componente. Tutto doveva essere qualitativamente eccelso, finiture, assemblaggi, elettronica. Non badava a spese. Ed ecco allora che i prezzi lievitavano e anche parecchio. Una stima infatti riporta un prezzo base di 170 mila euro che sono impegnativi considerando cha la concorrenza, con più esperienza e blasone, sa contenere meglio i costi.
- Il secondo fattore legato indissolubilmente al primo vede una nuova azienda affacciarsi sul mercato con grandi spese e grandi pretese. I rischi e le perdite economiche di questo progetto non possono essere spalmate su altre autovetture (questa sarebbe infatti stata la prima prodotta) ne tantomeno si può pensare di far quadrare i conti affidandosi alla Dyson (elettrodomestici).
Ecco allora che James Dyson tra Ottobre e Novembre 2019 comunica di aver “gettato” la spugna. La concorrenza molto agguerrita l’ha fatto desistere e in fondo è comprensibile. Marchi come Audi, Mercedes, VW sono da anni impelagati in questi progetti e compensano le perdite “elettriche” grazie alle ottime vendite delle auto a combustione termica. L’elettrico quindi come abbiamo detto spesso, diventa il presupposto per abbassare i livelli di emissioni di una gamma intera. Vien da se che una piccola realtà come Dyson non abbia che da perderci. Anche pensando alla N526 come una rivale della Model X i conti non tornano. Tesla infatti è da anni leader di questo mercato e difficilmente si può sorgere dal nulla, con un prezzo molto elevato, e conquistare il pubblico già scettico nei confronti di chi questo mestiere lo fa da anni.
Detto questo la Dyson N526 aveva le carte in regola. Un look particolare ma molto inglese avrebbe catturato gli ammiratori di Range Rover e simili, ma la vera novità era il pacco batterie. Questo infatti rappresentava una novità assoluta nel campo delle elettriche. 2 motori da 200 kw facevano scattare la N526 da 0-100 in meno di 5 secondi e le batterie allo stato solido consentivano al suv di viaggiare con una carica per circa 1000 km. Un dato estremamente importante se pensiamo che le rivali raggiungono a malapena i 500km. Dyson ha sfruttato le conoscenza in campo “elettrodomestico” per progettare queste particolarissime e performantissime batterie.
Quindi tutto sprecato? Si spera di no. Non è da escludere che Dyson possa condividere una parte dei suoi studi/progetti con altre case automobilistiche. Essendo un esclusiva per lui sarebbe semplice recuperare parte del denaro investito e allo stesso tempo potrebbe “donare” al mondo una soluzione elettrica che a oggi non esiste. La possibilità di accogliere 7 persone a bordo e percorrere 1000km potrebbe essere una svolta non solo per privati ma anche per i trasporti in generale che rinunciando a qualche km di autonomia potrebbero accogliere pendolari e viaggiatori in quantità.
Condividere il progetto significa innovare in un campo ancora inesplorato
Mi vengono in mente le tratte meno impegnative in termini chilometrici che molti tra studenti e lavoratori compiono settimanalmente in autobus per risparmiare qualcosa rispetto ai più veloci treni/aerei. Vedremo cosa succederà nei prossimi mesi. Sarebbe un peccato se tutto questo lavoro fosse vanificato da pretese personali o malumori tra aziende che in fondo non sono neanche in concorrenza. Appuntamento rimandato quindi a un futuro che speriamo possa essere meno lontano possibile. Chissà se un domani i brevetti firmati Dyson risolveranno definitivamente questo triste limite dell’autonomia “risicata”.