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Ferdinand Porsche: attuale da più di un secolo

Dopo il Maggiolino e le vostre richieste non possiamo non parlarvi di Ferdinand Porsche. Apro così, senza preamboli perché l’argomento è vasto, e seppur riassunto all’osso non può essere sfoltito ulteriormente. Il 3 settembre 1875 nasce in una famiglia umile di un paese della Boemia settentrionale Ferdinand Porsche. È un piccolo prodigio e fin da subito non nasconde il suo interesse verso le scienze e le innovazioni. Non era ancora nata in lui una passione forte per le auto, ma di li a poco sarebbe emersa in modo prepotente. L’adolescenza di Ferdinand Porsche lo vede impegnato nel campo elettrico.

 

Non perdeva occasione per procurarsi acidi, batterie e cavi di ogni tipo. Inizialmente i familiari non erano contentissimi dei suoi esperimenti, ma presto capirono che quel giovane aveva una marcia in più. Nell’austero e povero paesino della Boemia i Porsche erano gli unici ad avere l’elettricità in casa e lo dovevano proprio a Ferdinand che aveva inventato un sistema per “illuminare” casa sua. Ed è qui che Ferdinand Porsche si rende conto di avere un’altra grande e irrefrenabile passione: quella per le auto. Già da fanciullo guardava con interesse le poche auto passavano nel suo paesino, si avvicinava, curiosava, e sicuramente già sognava in grande.

Ferdinand Porsche

Passano gli anni, e dopo aver conseguito gli studi si trasferisce a Vienna poco più che ventenne. All’età di 23 anni Ferdinand Porsche riesce a unire le sue più grandi passioni: le automobili e l’elettricità. Si fa infatti assumere nella fabbrica di automobili elettriche Jakob Lohner e qui inizia a muovere i primi passi. In pochi mesi Ferdinand Porsche diventa un simbolo dell’azienda e qualche anno dopo, nel 1900 all’esposizione universale di Parigi viene presentata la: Semper Vivus Lohner-Porsche. Nome bizzarro ma auto che passerà alla storia. Il connubio Porsche-Lohner aveva dato vita alla prima auto ibrida della storia, con trazione integrale, un motore a combustione interna, e un motore elettrico su ogni ruota.

Ferdinand Porsche
Semper Vivus la prima ibrida della storia

Un progetto incredibile se pensiamo che era solo il 1900, e diventa ancor più significativo se pensiamo che Ferdinand Porsche non era ancora laureato e aveva portato avanti il progetto da “studente-appassionato”. Nel 1902 però i suoi sogni prendono una piega inaspettata. Viene chiamato per svolgere il servizio militare nelle Riserve Imperiali, e diventa autista di numerosi ufficiali e personalità di spicco dei primi del “900 come Francesco Ferdinando. Quasi parallelamente si sposa con Aloisa Kaes con la quale ebbe due figli. La primogenita Louise (che riprende il parte il nome della madre) e 5 anni dopo Ferdinand Anton da molti definito Ferdinand jr più conosciuto con il soprannome Ferry.

Ferdinand Porsche
Ferdinand Porsche con il figlio Ferry

Proprio Ferry diventerà braccio destro di Ferdinand Porsche fin da ragazzo e lo affiancherà in ogni circostanza succedendogli al momento della morte. Decide così di trasferirsi più o meno stabilmente in una residenza da poco acquistata sulle Alpi austriache nei pressi di un lago. Qui Ferdinand Porsche può dare libero sfogo al suo estro creativo, testando personalmente le sue invenzioni senza risentire di “spiacevoli influenze” esterne. Non si contano le auto e le imbarcazioni create in quel periodo, ma anche i numerosi modellini a misura di bambino (con motore termico) per far “impratichire” suo figlio Ferry che all’epoca aveva circa 10 anni.

Ferdinand Porsche
Ferdinand Porsche con i nipoti

Nel 1906 ottiene un importante incarico alla Austro-Daimler come di direttore tecnico e qui progetta e produce una vettura capace all’epoca di toccare i 140 km/h. Parola d’ordine aerodinamica e nonostante gli scetticismi di chi lo circondava Ferdinand Porsche vinse con quella vettura una gara endurance turismo dimostrando ancora una volta la bontà dei suoi progetti. Scoppia la guerra mondiale e il suo estro creativo subisce inevitabilmente una battuta d’arresto. Viene contattato per la creazione di alcuni motori per aeroplani e macchine agricole mettendo così momentaneamente da parte i suoi progetti.

Ferdinand Porsche
Austro-Daimler Sascha

Nel 1917 Ferdinand Porsche viene nominato direttore generale dell’Austro Daimler e decide ancora una volta di lasciare il segno con la Sascha, una vettura di appena 1100cm3 di cilindrata capace però di vincere nello stesso anno la Targa Florio. Passano gli anni e nel 1923 viene ufficialmente assunto alla Daimler di Stoccarda che per intenderci diventerà l’attuale Mercedes. Qui disegna le famose SS e SSK, ma anche una rivoluzionaria vettura da corsa che nuovamente vinse la Targa Florio senza troppa fatica. Questo è per Ferdinand Porsche un momento molto delicato e importante. Da un lato è alla ricerca di autonomia e dall’altro le numerose collaborazioni per “nuovi” progetti sono indispensabili per portare avanti i progetti privati e la famiglia.

Ferdinand Porsche
Mercedes SSK

Lo stesso anno dall’Università di Stoccarda gli arriva un importante riconoscimento, la laurea ad honoris causa in ingegneria. Passano gli anni e matura in lui il desiderio di ritornare in Austria ma anche di mettersi definitivamente in proprio. Nel 1929 assunto dalla Steyr-Werke come direttore generale Ferdinand Porsche capisce che vuole mettere fine a questo suo continuo peregrinare e due anni dopo nel 1931 fonda lo studio di progettazione e ingegneria F. Porsche GmbH che nel tempo si evolverà in Porsche. In queste fasi ma anche in quelle successive della neonata Porsche si dimostrerà fondamentale l’aiuto del figlio Ferry, presente e collaborativo. Aprire un suo studio avrebbe permesso a Porsche di godere di una totale autonomia progettuale e di collaborare solo con chi avesse a cuore i suoi progetti senza vincoli economici/industriali/politici.

Ferdinand Porsche
NSU progettata da Ferdinand Porsche, notare le somiglianze con il Maggiolino

Nel 1931 collabora anche con la Zundapp. Pochi sanno che Ferdinand Porsche nel tempo aveva maturato una certa passione anche nei confronti delle motociclette ed ecco allora che la Zundapp sembrava l’azienda ideale per una collaborazione ma naturalmente in campo automobilistico.  Porsche sfornò ben 3 prototipi diversi tra loro ma con lo stesso identico difetto. Dopo pochi minuti il motore surriscaldandosi fondava compromettendo l’intera riuscita dell’operazione. L’azienda non credendo più nel progetto si ritira e lascia il campo libero a un’altra azienda la NSU. Ferdinand Porsche risolve in modo brillante i problemi al motore, affina la meccanica e finalmente presenta il suo prototipo quasi definitivo. Anche questa volta però qualcosa va storto. Le risorse economiche della NSU sono molto limitate e il progetto viene immediatamente abbandonato.

Ferdinand Porsche
Auto-Union P-Wagen

L’anno successivo nel 1932 vede Porsche impegnato in un nuovo ambizioso progetto insieme all’Auto Union. L’idea era quella di creare una potente monoposto da Gran Premio spinta da un poderoso 16 cilindri a V. Velocità massima di 416 km/h. Nacque così l’affusolate e potentissima Auto Union P-Wagen dove la P sta appunto per Porsche. L’auto si rivelerà vincente in tutta Europa e attirerà l’attenzione di un personaggio storico che giocherà un ruolo chiave nella storia dell’automobilismo moderno: Adolf Hitler. Nel 1934 il Fuhrer in persona contatta Ferdinand Porsche. I due avevano in comune l’idea di progettare e costruire un’auto alla portata di tutti, non solo dei più benestanti e inizia la loro collaborazione per dar vita alla Volkswagen.

Il progetto manco a dirlo è quello che porterà alla nascita del Maggiolino di cui vi parlo dettagliatamente qui. Pochi anni dopo però la seconda Guerra mondiale vede sfumato momentaneamente il progetto del Maggiolino, rimpiazzato da auto militari sempre di progettazione Porsche e derivazione Maggiolino come la Kublewagen e la Schiwmwagen. Porsche come progettista al servizio del partito nazista da alla luce anche numerosi carri armati e relativi scafi. Il più famoso è sicuramente il Panzer Tiger, con scafi che venero poi usati per il cacciacarri Elefant ribattezzato Ferdinand in onore di Porsche. Sono stati rinvenuti anche alcuni prototipi di carri armati elettrici. 

Un disegno che ritrae Ferdinand Porsche vicino al Panzer Tiger protagonista della WWII

Per sfuggire alla fase nevralgica e brutale della guerra Ferdinand Porsche scappa con la sua famiglia nella sua residenza estiva/montana in Austria e trasferisce gli uffici dello studio Porsche da Stoccarda a Carinzia (cittadina austriaca). Terminata la guerra però Porsche viene prima incarcerato per 20 mesi in Francia e poi messo agli arresti domiciliari. Poco tempo dopo i francesi chiesero il suo aiuto per replicare ciò che aveva fatto con il Maggiolino ovvero creare l’auto per il popolo. Molti storici pensano infatti che l’accusa di collaborazionismo nei suoi confronti sia solo una scusa per estorcergli progetti e nozioni da usare appunto per la costruzione di un’auto made in France.

Cisitalia-Porsche

A toglierlo di prigione in cambio di un progetto vincente fu Piero Dusio. L’accordo prevedeva il pagamento della cauzione in seguito alla consegna di un progetto che diventerà quello della Cisitalia F1. Stremato dal “dopoguerra” e dalla prigionia torna nella sua amata Austria e grazie al figlio Ferry fonda ufficialmente la Porsche (1948) intesa come fabbrica di automobili. Nel 1939 infatti Ferdinand Porsche aveva intuito che dalla meccanica del maggiolino poteva nascere qualcosa di diverso e “sportivo”. Aveva dato vita alla Porsche Type 64, ricordata a tutti gli effetti come la prima Porsche della storia. La “sportivetta” erede del Maggiolino poteva contare su 40cv e un cx di 0,385. Dei tre “prototipi” ai giorni nostri ne è arrivato solo uno.

Ferdinand Porsche
Porsche Typ 64, la sportiva nata dal ventre del Maggiolino

Ritornando al 1948 è qui che forse inizia la storia di Porsche che conosciamo quasi tutti. La fabbrica, quasi a conduzione familiare e di manifattura artigianale, iniziò a produrre pochissimi esemplari di Porsche 356 sia in versione cabro che coupé. Celebre diventò la Speedster, riservata al mercato americano. Il nome 356 è legato al numero del progetto a lei riservato. Si contano infatti circa 400 progetti automobilistici firmati Ferdinand Porsche e la 356 a pochi anni dalla sua morte è la dimostrazione di questa particolare “nomenclatura”. Agli inizi degli anni “50 la Porsche viene trasferita definitivamente a Stoccarda. Ferdinand Porsche morirà nel 1951, a dire di molti non si era mai fisicamente ripreso dopo la prigionia francese e ciò lo ha inevitabilmente debilitato fino a portarlo alla morte.

Ferdinand Porsche e la sua Porsche 356

 

Nel 1987 Ferdinand Porsche viene inserito nella Automotive Hall Of Fame. Lo speciale riconoscimento ricorda tutti i più celebri personaggi in campo automobilistico. Il testamento di Ferdinand Porsche prevedeva un’equa divisione dei suoi beni tra i due figli. Ciò suscitò i malumori del figlio che si aspettava un ruolo dirigenziale nell’azienda del quale può indubbiamente definirsi co-fondatore. Non frenò però l’estro creativo di Ferry, che proseguendo sulle orme del padre diede luce nel 1963 alla Carrera 904 (auto da molti sconosciuta) e parallelamente alla iconica 911. Dal matrimonio della figlia Louise con l’avvocato viennese Piech nacque Ferdinand Piech, ma anche questa insieme a quella di Ferry è un’altra storia.

 

Ermanno Ceccherini

Quando è tempo di presentazioni sono sempre un po’ perplesso. Presentarsi può essere una banalità, una prassi semplice e quasi automatica se la si fa istintivamente e senza troppi pensieri. Pensate a quando vi presentate con qualcuno e 10 secondi dopo nessuno dei due ricorda il nome dell’altro. Ma se la presentazione ha un significato più profondo e fa parte di una relazione che si spera essere poi duratura, allora le difficoltà salgono. Ed è questo il caso. Ma va fatta, e allora... Mi presento. Il mio nome è Ermanno è la prima cosa da sapere su di me è che ho un’insaziabile fame... di motori. Ricordo nitidamente il momento in cui questa mia passione è sbocciata. Ero lì, avevo poco meno di 3 anni, e le gambe di mio padre erano il collegamento tra me e una sgargiante Fiat Coupè 16v Turbo. Tenevo con forza lo sterzo tra le mani ed ero affascinato da quel mondo tanto vicino quando misterioso. Qualche anno dopo mi ritrovavo in sella alla mia prima motocicletta, una pitbike, di quelle che si mettono in mano ai ragazzini, e io, poco più che poppante mi troviamo nuovamente difronte a un amore incondizionato per qualcosa che non conoscevo. Sono bastati pochi metri per capire che anche il mondo delle due ruote faceva parte di me; altrettanti per rendermi conto che l’asfalto ha una consistenza tale da non lasciare scampo alla pelle. Primo giorno, prima caduta, primi incoraggiamenti da chi oggi mi guarda da lassù a risalire in sella. E così ho fatto. Da allora non ho più assaggiato l’asfalto, ma continuo ad assaporare il vento in faccia e quel senso di libertà che solo le due ruote sanno darmi. Una decina di anni dopo sono arrivati i 18. Li aspettavo con ansia ma solo perché sapevo che con loro sarebbe arrivata la patente. Tra le mani una MiTo con così pochi cavalli da far sembrare la Coupè una supercar, eppure la legge non mi permetteva di guidare altro. Gli anni passano, e oggi, che ne ho 26, di auto e moto ne ho viste e provate parecchie. Ho sviluppato nel tempo uno strano senso critico. E per critico non intendo tanto la capacità di giudicare quanto piuttosto una ingombrante vena polemica che spesso mi spinge a gettare fango sulle auto moderne. Sarà forse perché tra le mani ho sempre qualche intrigante youngtimer? Chissà, questa è un’altra storia. Questa è una parte di me, tanto altro lo leggerete nei vari articoli. Benvenuti su Piedi Pesanti !

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