Land Rover Defender, un nome che nella mia testa risuona iconico e quasi indistruttibile. Un nome che associo al concetto quasi smarrito di inarrestabile. Un nome che finora ho ritenuto degno del mio rispetto per quanto carattere sapeva concentrare in poche lettere. Il nuovo Land Rover Defender però potrebbe mettere la parla fine al mito inglese. Premetto che questo non è un articolo come gli altri. Se siete alla ricerca di qualche informazione specifica vi lascio il link del sito ufficiale, vorrei solo condividere con voi il mio pensiero, conscio del fatto che per molti le mie parole suoneranno come le teorie dei terrapiattisti.

Land Rover Defender

I mercati cambiano, e anche le esigenze incappano in una inesorabile evoluzione. Se il primo Land Rover Defender arrivato quasi immutato ai giorni nostri era un auto spartana e pronta all’avventura non si può dire lo stesso della versione 2020. Il senso di avventura trasmesso è quasi lo stesso, anzi, per i millennial è forse ancora meglio del classico re dell’offroad. Ciò che cambia però è l’anima, profondamente stravolta in nome della tecnologia. L’interno si è imborghesito e lo ha fatto nel modo sbagliato perché il vano tentativo di renderlo “tradizionale” si è rivelato un fiasco completo. Ha ancora una disposizione “rustica” dei comandi e linee tese da fuoristrada anni “70, ma la tecnologia messa un pò ovunque stona nell’insieme.

Land Rover Defender

Con questo non contesto l’ormai totale digitalizzazione, ma osservo che forse, delle linee più armoniose avrebbero reso l’abitacolo meno “assurdo”. Una cosa su tutti di questa Land Rover che mi fa infuriare è il volante. Quattro razze che ricordano troppo da vicino quelle di alcune Jeep dei primi anni 2000. Mi viene in mente il volante della Grand Cherokee a esempio. Anche la qualità sembra non essere il massimo. Le foto rese note dalla stampa e dalla casa madre rivelano qualche “mancanza” che sarebbe giustificata su un fuoristrada duro e puro pronto a sporcarsi le “ruote “ nel fango ma non su un quasi suv alla moda. Mi riferisco alle plastiche interne, apparentemente dure e “datate”.

Land Rover Defender

Forse questa soluzione è pensata per poter ripulire tutto comodamente, ma il prezzo mi fa storcere il naso. Le sorprese non finiscono qui. Anche l’esterno inevitabilmente strizza l’occhio all’iconico Land Rover Defender che abbiamo osservato in passato. Il design pressoché immutato (con le dovute eccezioni) viene ringiovanito aggiungendo led un po ovunque e qualche accessorio degno di una vettura pronta a fare la traversata del deserto del Sahara. Tutto ciò che conoscevamo del duro e puro Land Rover Defender viene ora ammorbidito. Scelta comprensibile, perché linee morbide e poco aggressive raccolgono il consenso di un pubblico più ampio.

Land Rover Defender

Il vero problema però è l’esclusività. Il precedente Defender seppur costoso e quasi di nicchia non era irraggiungibile. Qui invece l’intenzione di renderlo “particolare” ed esclusivo trova terreno fertile nel prezzo, elevato anche nelle versioni base. Vorrei farvi degli esempi, ho spulciato a fondo il configuratore Land Rover scoprendo allarmanti sali scendi nel prezzo in relazione ad optional ed equipaggiamenti. Per intenderci la stessa auto potrebbe riempire il garage di uno sceicco o di un comune mortale dal consistente portafogli. Tutto ciò però diventa quasi secondario.

Land Rover Defender

Quando sul mercato irrompe un’icona le si perdona un pò tutto. Abbiamo la tendenza a chiudere più di un occhio in queste occasioni. Stavolta però gli occhi da chiudere sono insufficienti e basta parlare di telaio per far scappare i veri amanti del mondo Defender. La struttura a longheroni è stata sostituita adottando la ben più rigida e “asphalt friendly” monoscocca che di fatto non differenzia più questa Land Rover Defender da un normalissimo SUV. Capisco le esigenze produttive e di mercato, ma a volte è giusto lasciare le icone nel loro stato attuale. L’auto avrebbe avuto un appeal nettamente superiore proprio in virtù del fatto che sarebbe rimasta l’inarrestabile fuoristrada di sempre.

Questa scelta “meccanica” uccide la storicità del modello, mortifica i suoi appassionati e gli sforzi fatti dal marchio negli scorsi anni. Oggi il Defender è un suv con scarpe da trekking, funi e moschettoni per arrampicarsi ovunque, è più semplice ed efficace del suo antenato, ma ne perde il fascino. Veste firmato quando un tempo gli bastava un maglione di flanelle e gli scarponi. Fin dagli albori i tappetini del Defender (ammesso che fossero presenti) erano sporchi di fango, sabbia, pietrisco, oggi, sugli stessi tappetini, sapientemente ricamati, riposano i mocassini di chi pochi minuti prima ha bevuto uno Spritz al bar.

Ermanno Ceccherini

Quando è tempo di presentazioni sono sempre un po’ perplesso. Presentarsi può essere una banalità, una prassi semplice e quasi automatica se la si fa istintivamente e senza troppi pensieri. Pensate a quando vi presentate con qualcuno e 10 secondi dopo nessuno dei due ricorda il nome dell’altro. Ma se la presentazione ha un significato più profondo e fa parte di una relazione che si spera essere poi duratura, allora le difficoltà salgono. Ed è questo il caso. Ma va fatta, e allora... Mi presento. Il mio nome è Ermanno è la prima cosa da sapere su di me è che ho un’insaziabile fame... di motori. Ricordo nitidamente il momento in cui questa mia passione è sbocciata. Ero lì, avevo poco meno di 3 anni, e le gambe di mio padre erano il collegamento tra me e una sgargiante Fiat Coupè 16v Turbo. Tenevo con forza lo sterzo tra le mani ed ero affascinato da quel mondo tanto vicino quando misterioso. Qualche anno dopo mi ritrovavo in sella alla mia prima motocicletta, una pitbike, di quelle che si mettono in mano ai ragazzini, e io, poco più che poppante mi troviamo nuovamente difronte a un amore incondizionato per qualcosa che non conoscevo. Sono bastati pochi metri per capire che anche il mondo delle due ruote faceva parte di me; altrettanti per rendermi conto che l’asfalto ha una consistenza tale da non lasciare scampo alla pelle. Primo giorno, prima caduta, primi incoraggiamenti da chi oggi mi guarda da lassù a risalire in sella. E così ho fatto. Da allora non ho più assaggiato l’asfalto, ma continuo ad assaporare il vento in faccia e quel senso di libertà che solo le due ruote sanno darmi. Una decina di anni dopo sono arrivati i 18. Li aspettavo con ansia ma solo perché sapevo che con loro sarebbe arrivata la patente. Tra le mani una MiTo con così pochi cavalli da far sembrare la Coupè una supercar, eppure la legge non mi permetteva di guidare altro. Gli anni passano, e oggi, che ne ho 26, di auto e moto ne ho viste e provate parecchie. Ho sviluppato nel tempo uno strano senso critico. E per critico non intendo tanto la capacità di giudicare quanto piuttosto una ingombrante vena polemica che spesso mi spinge a gettare fango sulle auto moderne. Sarà forse perché tra le mani ho sempre qualche intrigante youngtimer? Chissà, questa è un’altra storia. Questa è una parte di me, tanto altro lo leggerete nei vari articoli. Benvenuti su Piedi Pesanti !

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