Che sto dietro a Polestar sono anni. Perché se oggi la Polestar 2 è appena sbarcata in Italia, il marchio della stella polare è la branca sportiva di Volvo da tempo immemore. 

Quale appassionato di motori minimamente “scocciato nella testa” non pensa alle V60 / S60 (azzurre, ça va sans dire) che nel 2016 raggiungevano la ragguardevole potenza di 184 cavalli litro, andando a sostituire l’altrettanto leggendario 6 in linea?

 

 

 

 

Il metal svedese affascina, c’è poco da fare. Le grandi station wagon dalle percorrenze inimmaginabili – ché più chilometri hanno e più valgono – hanno retto bene alle travagliate vicissitudini della scuderia di Göteborg (che si pronuncia yöteborə) e Polestar negli anni non ha fatto che far sedimentare forte il mito nella mente dell’appassionato un po’ sofisticato.

Poi è arrivata Polestar 1. Una grande Coupé dalle fattezze vagamente simili alla splendida Volvo P1800 degli anni ’60. Con le sue linee sexy ammicca persino alle italiane coeve, con un piglio capace di stregare anche il più integralista degli alfisti in cerca di una moderna erede della GT Junior.

Polestar 1

 

 

E alla fine arriva Polestar 2

E poi che è successo? Che il motore termico – ahinoi – è stato (de facto) messo fuorilegge per decreto e Polestar si è reinventata come il marchio elettrico di lusso di Volvo.

Polestar 2 in Europa è in giro dal 2020 e con le sue forme da berlina fastback, vagamente rialzata (base Volvo XC40) e il suo fanale unico posteriore così simile alla (mia amata) Dodge Charger, mi ha subito incuriosito.

Premetto, chi mi conosce lo sa che sono l’anticristo quando si tratta di motori elettrici. Eppure questa Polestar 2 ha qualcosa di diverso.

È un’auto sofisticata. È un’auto che veste chi la guida al pari di un abito solaro per chi ha la fortuna di saperlo indossare. È un’affermazione di identità forte ed alternativa.

L’auto

L’auto in prova è la versione long range dual motor con performance pack. Di base, lei, la Polestar 2 Long Range dual motor, sbriga la pratica dello 0-100 in 4,7 secondi con i suoi 408 cv. Con il Performance Pack i cavalli salgono a 476 e con 680 NM di coppia lo 0-100 si sbriga in 4,5 secondi. Numeri di per sé non particolarmente eclatanti ma che a fronte dei suoi oltre 2000kg di peso devono necessariamente essere riconsiderati.

In dote però, il pacchetto, porta anche l’impianto frenante Brembo con pinze a 4 pistoncini e disco forato, una serie di impreziosimenti estetici come le (splendide, nda) cinture di sicurezza gialle oro e – soprattutto – l’assetto a ghiera Öhlins.

Comfort

La Polestar 2 long range dual motor con Performance Pack è un dannato salotto. Le Öhlins regolabili la rendono – incredibilmente – isolata dalle imperfezioni delle strade di una Milano sempre più impervia che vuole fingersi (male) Parigi. Il baricentro basso dato dal posizionamento del pacco batterie la rende molto piatta e – oltre a donare benefici alla dinamica di guida – l’assenza di rollio la fa ancora più comoda. Ovviamente il silenzio fa da padrone e l’unico rumore che si sente è quello del battistrada a V delle (ottime) Michelin Pilot Alpin 5 con le quali Polestar l’ha equipaggiata.

Ergonomia

La Polestar 2 è un raffinato appartamento scandinavo. Pelle bianca, materiali morbidi ovunque e ricoperti di tessuto, ad imperitura memoria della lana delle mitiche station Volvo. Legno chiaro e pellami di altissimo livello donano in generale una qualità che fa subito pensare alle migliori Audi o Porsche. Tranne però il tunnel centrale che tradisce la sua parentela con XC40 – auto ad architettura con motore trasversale – ma che comunque è incredibilmente superiore ad alcune tedesche estremamente popolari (ops, ho pensato Audi Q3 ad alta voce?)

Motore

La prova è stata di un’oretta, appena sufficiente a restituire un’impressione di guida. La cosa che – come tutte le elettriche di altissime prestazioni – stupisce è la coppia. Enorme, disponibile sempre e sùbito, ricorda vagamente la “botta” di una Dodge Challenger Hellcat Redeye. I consumi non siamo stati in grado di capirli ma una ricarica a casa costa circa 20-25 euro ed alle colonnine rapide circa 50.

Un viaggio Milano – Grosseto (per me il riferimento) costerebbe di energia circa 50 euro. Un po’ meno della mia Alfa Giulia a benzina ma comunque non poco come si tende a pensare.

Certo che in autostrada le prestazioni (di assoluto livello) non le andrete a cercare, pena un enorme riduzione dell’autonomia. 

Cambio

Ovviamente non esiste. Una menzione invece va alla frenata rigenerativa, conosciuta anche come One Pedal Driving. È impostabile su tre livelli. Off, come un’auto termica, Max, come un toboga (ed in città è decisamente troppo) e Mid è più o meno come il B di Toyota. Efficente, comoda e persino piacevole.

Sterzo

Con un rapporto di 15,8 ad uno non è un fulmine ma è impostabile su tre livelli di carico. Con il livello più morbido è un po’ più piacevole. Mai particolarmente comunicativo ma è in linea con l’indole dell’auto.

In conclusione

La Polestar 2 è una berlina d’altri tempi portata ai nostri giorni. Alta 15 cm da terra (come una Jeep Renegade) sale agevolmente sui marciapiedi o non ha paura di “spanciare” nelle rampe più ripide. Con il bagagliaio da Fastback (non enorme ma dannatamente versatile) soddisfa le esigenze di una famiglia di 3 / 4 persone anche in virtù del fatto che davanti ne ha un altro più piccolo.

Le sue finiture sono fatte talmente bene da far quasi gridare al miracolo ed il comfort di bordo è pressoché impareggiabile.

Chiaro, le performance sono di livello ma dopo le prime sparate ed i primi “urlettini”, come tutte le elettriche verrà guidata in maniera tranquilla per poter massimizzare l’autonomia e minimizzare i costi di gestione.

Un’auto che mi è piaciuta moltissimo pur essendo quanto di più lontano da un mezzo per me (che mi muovo tantissimo, a lungo raggio e spesso) utile.

La Polestar 2 Long Range parte (al momento della stesura) da 59,200€ ma le Performance Pack preconfigurate a disposizione sul sito (e che sono in consegna in 2 mesi, tanta roba di questi tempi) si aggirano intorno ai 77 mila euro.

La differenza principale rispetto all’elettrica più popolare al mondo alla quale la Polestar 2 ha dichiarato guerra?

La Polestar 2 è più “macchina”. Non ha guizzi di stile “particolari” come il volantino del Boeing 787 al posto del volante, ha un cruscotto davanti agli occhi, qualche tasto fisico e le maniglie “normali” 

Non si accende, in compenso, ma riconosce che c’è il guidatore a bordo quindi basta metterla in D per partire, conciliando così la berlina “classica” di cui sopra con la contemporaneità di un telefono Android di altissima gamma.

La comprerei probabilmente se mai dovessi diventare stanziale e dovessi acquistare una berlina elettrica. Long Range dual motor e con il Performance Pack. Non per le prestazioni, ma per i bellissimi dettagli estetici che la rendono di carattere. Come se chi la guida dicesse “Ciao: io non sono mainstream, ho gusto per le cose raffinate mi piacciono le cose versatili ed assolutamente non mi interessano i SUV”.

Luca Santarelli

Sono Luca, Piede Pesante degli anni ’80. Da bambino volevo fare il ferroviere, il "guidatore" o il pilota di F14. Mi piace tutto quello che ha un motore e fa rumore (anche le bici però) tanto che, di usare cose a motore rumorose, alla fine ne ho fatto una professione. Mi piace anche viaggiare e fare le foto, sono qua anche per questo. Non mi piacciono il sottosterzo, gli scarichi finti e soprattutto quando arrivi al Bar per fare colazione e sono finiti i cornetti! Benvenuti su Piedi Pesanti.

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